AI e la Conoscenza Liquida
Il pittore catalano Jorge R. Pombo inizialmente “copia” l’opera con una pittura simile a quella rinascimentale, per poi posizionare le tele a terra e inondarle con grandi quantità di solventi. La reazione di questi con i colori ancora freschi scioglie i contorni, liberando le figure dalla loro funzione narrativa. “Nei miei quadri non c’è neanche un gesto che sia mio, nessuna delle macchie fluide che formano il Giudizio Universale sono soggiogate dai miei criteri; è un dipinto autodeterminato, provoco gli incidenti e li accompagno, ma rinuncio al romanticismo di imprimere su di essi il mio gesto”.
1) Un nuovo paradigma per il KM
Il panorama della gestione della conoscenza (KM) sta attraversando una trasformazione epocale. Mentre in passato l’organizzazione e la fruizione della conoscenza seguivano processi rigidi e ben definiti, soprattutto in ambito corporate, come la celebre spirale di Nonaka (1995), oggi la conoscenza non è più incatenata a procedure rigide o documenti statici, e la sua disponibilità è sempre più libera, quando serve e dove serve.
Il percorso già avviato, che portava a superare la gestione procedurale e le Knowkedge Base (KB) verso una sempre maggiore destrutturazione con note condivise nelle intranet e post in rete, ora sembra prossimo ad un salto verso una vera e propria liquefazione dei flussi di conoscenza.
Con l’avvento dell’intelligenza artificiale, ogni passaggio tradizionale della gestione della conoscenza — dalla socializzazione della conoscenza tacita ed esplicita alla sua documentazione ed archiviazione, e infine alla ricerca e l’elaborazione — viene ripensato profondamente e semplificato. Oggi, strumenti avanzati sono in grado di trasformare la conoscenza in contenuti accessibili ed elaborabili con molteplici tipologie di operazioni, in tempo reale. La trascrizione automatica di audio, la marcatura semantica, la riformattazione adattiva e la combinazione di informazioni provenienti da diverse fonti sono solo alcuni esempi delle potenzialità offerte dall’AI.
Questo cambiamento non solo ridimensiona il ruolo tradizionale dei documenti nei repository, e più recentemente delle note o post in rete o nelle intranet, come passaggi imprescindibili della gestione della conoscenza, ma trasforma tutto in un flusso continuo, adattabile e immediatamente utilizzabile, che si rinnova con apparente autonomia.
Questo articolo esplora come il ruolo del knowledge worker si stia trasformando in risposta a questa evoluzione, evidenziando le competenze e i processi necessari per navigare con successo in un panorama sempre più fluido e supportato dall’intelligenza artificiale.
2) Processi come tubi e tubicini per la conoscenza liquida
“Penso che siano necessari processi in primo luogo per far funzionare qualsiasi tipo di tecnologia all’interno di un’organizzazione… La mia opinione è questa: se vuoi avere successo con l’intelligenza artificiale generativa, o qualsiasi altra tecnologia, per quella materia, devi avere un processo chiaro per utilizzarla. L’intelligenza artificiale generativa è ampia, quindi può essere utilizzata per molti casi d’uso diversi, ma ovunque la utilizzi, devi stabilire un processo.”
(Thomas Davenport, 2024)
Davenport ritiene che affinché le nuove tecnologie digitali possano portare a una rivitalizzazione del pensiero per processi, le organizzazioni abbiano bisogno di tre capacità:
- la capacità di imporre una struttura organizzativa orientata al processo con un tocco leggero
- controllo per minimizzare le variazioni inspiegate, pur consentendo una certa variazione per supportare l’innovazione
- pensiero critico per poter decidere se il risultato creato dalle macchine intelligenti è corretto o interessante, oppure se ha qualcosa di unico.
Un elemento chiave è quindi l’adozione di processi aziendali ad alta intensità di conoscenza (Knowledge-Intensive Business Processes, kiBP). Questi processi, come l’innovazione, il problem solving creativo e la gestione delle relazioni con i clienti, richiedono sia l’intervento umano che il supporto tecnologico. I sistemi KM orientati ai processi (Process-Oriented Knowledge Management Systems, PKMS) e i sistemi BPM Sociali (Social Business Process Management Systems, sBPMS), coinvolgono gli stakeholder rilevanti attraverso l’utilizzo di software collaborativi e ora di agenti intelligenti.
Per massimizzare il potenziale dell’AI nel KM, è quindi necessario allargare il coinvolgimento anche ad esperti di AI e knowledge worker di nuova generazione, e facilitare la loro collaborazione con i portatori di conoscenza specialistica e gli stakeholder con una visione complessiva delle aree coinvolte, oltre che con l’AI stessa.
Come suggerisce Davenport, con l’introduzione massiva di AI nelle organizzazioni e nei mercati di servizi professionali, il dialogo continuo tra accademici e professionisti, sia in contesti formali che informali, è essenziale per identificare ciò che conta davvero, e per raggiungere i migliori risultati.
3) Come cambia la figura del knowledge worker
La figura del knowledge worker sta attraversando quindi una profonda trasformazione, e lo stesso termine che riferisce a professionisti la cui conoscenza implicita ed esplicita è un asset imprescindibile, che si era recentemente appannato perché non più riferibile ad una specifica competenza e ruolo, acquista oggi nuovo significato e valore. Da creatore di documenti e custode di saperi, il professionista, il manager e l’imprenditore si trasformasno in facilitatori di flussi informativi.
Con l’intelligenza artificiale, la competenza non riguarda più tanto la produzione di contenuti statici, ma é ampliata fino ad includere la capacità di attivare, orchestrare e rendere fluidi processi in cui la conoscenza è dinamica, continuamente aggiornata e riutilizzabile. In un certo senso, delegata agli agenti intelligenti la parte puramente operativa del vecchio ruolo, la competenza va focalizzandosi sulla generazione e ricombinazione di conoscenza e sulla gestione strategica.
Questa nuova competenza si articola in nuove skill specifiche: se in passato il focus era sulle tecniche di formattazione e pubblicazione, ora è necessario integrarle con quelle che servono per collaborare efficacemente con l’AI. Non riconducibile ad “un altro tipo di repository”, l’intelligenza artificiale è un interlocutore attivo (una pluralità di agenti) che contribuisce in tempo reale alla generazione, reperimento e trasformazione della conoscenza, e che richiede formati, marcature e istruzioni (prompt) per essere guidata e operare efficacemente.
Il knowledge worker si afferma così come un catalizzatore di innovazione e collaborazione. La sua capacità di far fluire la conoscenza all’interno dell’organizzazione, o verso i clienti nel caso dei liberi professionisti, favorisce ambienti di lavoro più aperti, interconnessi e resilienti. Le informazioni, la cui consultazione risulta spesso un ostacolo, diventano entità vive, pronte a trasformarsi per rispondere a esigenze sempre nuove, veri e propri enzimi che catalizzano i flussi di conoscenza: i knowledge worker diventano quindi molecole attivatori e regolatori dell’ecosistema enzimatico.
Recenti ricerche dimostrano che i risultati migliori si ottengono quando l’IA viene integrata in una gestione della conoscenza centrata sulle persone. Identificati gli esperti e marcate le fonti, va instaurata una relazione simbiotica tra AI e processi umani, dove la tecnologia supporta e amplifica le competenze delle persone.
4) Un rinnovato valore del knowledge worker
La democratizzazione dell’AI amplia ulteriormente le opportunità per molte figure professionali, sia in azienda che freelance, valorizzando le loro conoscenze e il loro ruolo nei flussi di conoscenza nel loro ambito. Questo permette di rivalutare ruoli un tempo considerati prevalentemente operativi, arricchendoli con la potenzialità di fornire contributi strategici. Col termine knowledge worker non si intende dunque, e comunque sempre meno, una figura professionale ben precisa, ma un’attitudine esercitata da ognuno di noi: il riferimento è quindi al knowledge worker che è dentro di noi.
Nelle organizzazioni, il knowledge worker diventa un punto di connessione tra diversi reparti, culture e competenze, abilitando le organizzazioni ad affrontare sfide complesse e ad adattarsi rapidamente ai cambiamenti.
Nella società, in un’epoca in cui la capacità di gestire e rendere accessibile la conoscenza diventa un elemento chiave per il progresso collettivo, e nella quale l’AI avrà un ruolo centrale di supporto all’educazione, formazione e distribuzione della conoscenza, il knowledge worker, come anche la tipologia di content creator e manager che entrano nel merito dei contenuti trattati, acquisiscono un ruolo altrettanto centrale. Saranno responsabili della corretta gestione e circolazione della conoscenza, più che della conoscenza stessa.
L’abilità di tradurre dati e informazioni in valore tangibile e impatti positivi contribuisce non solo alla crescita economica, ma anche al benessere sociale. La figura del knowledge worker agisce quindi come un facilitatore di cambiamenti, capace di colmare il divario tra tecnologie emergenti e bisogni umani concreti.
5) Le nuove competenze richieste
La revisione delle competenze richieste ai knowledge worker deve metterli in grado di curare i flussi informativi (macro e micro processi), facilitare ai colleghi l’uso dei nuovi strumenti digitali e intelligenti, promuovere la condivisione interdipartimentale o nelle reti di esperti, addestrare e guidare l’AI nella acquisizione, analisi, elaborazione ed esportazione di testi, video, dati e altre pillole.
Data la rapida evoluzione della tecnologia, al knowledge worker è richiesto un aggiornamento continuo ed una padronanza nell’applicazione delle nuove funzionalità offerte. In sostanza il knowledge worker diventerà una sorta di comandante di una flotta di agenti intelligenti (questi non vanno confusi con i più datati Knowldege Based Agents), che svolgeranno i compiti operativi che gli erano propri. Lui manterrà la responsabilità e l’indirizzo, e vedrà ampliato il proprio ambito di intervento, fino a comprendere anche la selezione, il disegno e l’integrazione di quegli agenti nel proprio contesto lavorativo.
Alcune caratteristiche in maggior dettaglio:
5.1) Facilitazione della Conoscenza
Il knowledge worker moderno non si limita più a raccogliere informazioni, ma gioca un ruolo fondamentale nel trasformare la conoscenza implicita in conoscenza esplicita, e quest’ultima nei formati più adatti a seconda del contesto di utilizzo. Utilizzando strumenti di intelligenza artificiale, è in grado di identificare dati e informazioni rilevanti, sottoporli alla trasformazione da parte degli agenti, portarli in primo piano, e renderli accessibili attraverso piattaforme digitali di teamwork, completando i compiti sgrossati ma non terminati da agenti non ancora sufficientemente addestrati, migliorando il loro addestramento.
Risulta infatti che dati puliti e gestiti opportunamente riducono i costi di formazione dei modelli di IA, migliorano l’accuratezza e rendono i modelli adattabili a più casi d’uso. Inoltre occorre ampliare il concetto stesso di dati a risorse di conoscenza, ovvero tutto quanto di valore (informazioni e meta-informazioni) per migliorare decisioni e azioni basate sull’IA.
5.2) Curatore di Contenuti
Oltre a creare documenti e note, il knowledge worker agisce come curatore di contenuti, garantendo che le informazioni aziendali siano sempre aggiornate, pertinenti e facilmente reperibili, questa volta anche da parte dell’AI stessa. Potendo e dovendo entrare nel merito delle informazioni trattate, e sgravato in grande misura dagli oneri operativi, potrà finalmente liberare tutto il potenziale delle sue competenze strategiche e creative.
5.3) Mentor e Formatore
Un ruolo sempre più richiesto è quello di mentor, in cui il knowledge worker aiuta i colleghi a comprendere e sfruttare al meglio gli strumenti di intelligenza artificiale. Formare il team in azienda su come integrare queste tecnologie nei processi quotidiani, o stimolare i membri della startup a sfruttare gli agenti intelligenti a supporto delle attività a 360 gradi, saranno essenziali per garantire performance e innovazione.
5.4) Collaborazione Interdisciplinare
L’intelligenza artificiale consente di integrare conoscenze provenienti da diversi reparti aziendali, contesti specialistici, e grandi basi di dati. Il knowledge worker agisce come un facilitatore applicando una visione trasversale, favorendo il coinvolgimento e la collaborazione tra team specialistici, e sfruttando le potenzialità dell’AI nelle elaborazioni di informazioni interdisciplinari.
5.5) Innovatore di Processi
Il knowledge worker non è solo un esecutore, ma anche un innovatore. Identifica nei processi esistenti le opportunità di utilizzo dell’intelligenza artificiale per migliorare l’efficienza e l’efficacia aziendale, o nella relazione coi propri clienti, e li integra con i segmenti utili all’intervento degli agenti intelligenti. È inoltre in grado di proporre soluzioni e nuovi flussi di lavoro che semplificano la complessità e portano maggiore agilità e flessibilità operativa.
5.6) Analisi dei Dati
Un’altra competenza cruciale è l’abilità di analizzare e interpretare i dati generati dall’AI. Non sempre infatti gli agenti intelligenti saranno in grado di fornire le informazioni più utili in modo chiaro e riconoscibile, soprattutto se addestrati genericamente, quindi l’estrazione di insight strategici che possano guidare utilmente le decisioni aziendali, resterà un compito riservato agli umani, ancora per un certo tempo. Dalla specifica dei formati più adatti, alle verifiche sulle informazioni critiche, questo compito forse meno visibile, è in realtà tra i più preziosi.
5.7) Promozione della Cultura della Condivisione
Infine, il knowledge worker conserva il compito importante di promuovere una cultura aziendale o di team, basata sulla condivisione della conoscenza. La novità potrebbe consistere nella disponibilità di agenti personali, non solo operativi a beneficio del loro owner, ma anche specializzati in alcuni domini circoscritti. Resta quindi una caratteristica distintiva e apprezzata, quella di rendere le informazioni accessibili e utilizzabili da tutti i membri del team, o della community di riferimento, creando un contesto in cui la collaborazione è incentivata e le conoscenze si trasformano in vantaggi competitivi.
6) Rischi connessi all’utilizzo dell’AI nel KM
L’adozione dell’intelligenza artificiale nella gestione della conoscenza porta con sé opportunità straordinarie, ma richiede anche un’attenta considerazione dei rischi connessi. Tra i principali si possono individuare i seguenti:
6.1) Eccesso di fiducia e difficoltà di verifica
L’intelligenza artificiale, per sua natura, elabora informazioni su base statistica, limitandosi ai dati utilizzati durante la fase di addestramento. Inoltre, il modo in cui viene interrogata influenza profondamente le risposte che fornisce. Questo impone agli utilizzatori, specialmente a coloro che rivestono ruoli di responsabilità aziendale o sono riferimento per comunità professionali, di essere consapevoli dei limiti intrinseci dell’AI. È fondamentale verificare le informazioni generate, disegnare modalità di interrogazione robuste e collaudare rappresentazioni efficaci delle informazioni. Maggiore è la complessità che l’AI sarà in grado di gestire, e più difficile sarà per i professionisti valutare l’accuratezza e la validità dei risultati generati. Lungi dall’essere una minaccia di sostituzione del lavoro umano, l’AI richiederà invece un aggiornamento continuo delle competenze perché l’intervento umano possa essere difeso e valorizzato al massimo.
6.2) Dipendenza tecnologica
Quando un metodo semplice ed efficace diventa disponibile, c’è il rischio che venga adottato in modo acritico, con il pericolo di impoverire facoltà intellettuali e creative. Tuttavia, questo rischio è più apparente che reale: l’automazione di compiti ripetitivi libera il professionista per attività di maggiore valore strategico, che richiedono competenza ed esperienza. Per cogliere appieno questo vantaggio, è essenziale aggiornare e ampliare continuamente le proprie abilità, sfruttando l’AI come strumento di crescita professionale.
6.3) Bias algoritmici
Gli algoritmi utilizzati dall’AI non sempre sono trasparenti, e questo può introdurre errori o discriminazioni nei processi decisionali. Tali bias possono avere impatti significativi, specialmente in contesti aziendali in cui decisioni sbagliate possono compromettere risultati strategici o l’immagine sui mercati. Per mitigare questo rischio, è necessario adottare un approccio vigile, che includa l’audit degli algoritmi e la sensibilizzazione sul loro utilizzo.
6.4) Sicurezza e privacy
L’archiviazione e l’elaborazione di grandi quantità di dati comportano inevitabilmente rischi per la sicurezza informatica e la protezione delle informazioni sensibili. La gestione della conoscenza deve quindi integrare politiche di sicurezza robuste, che includano la crittografia dei dati, il monitoraggio delle minacce e la conformità alle normative sulla privacy.
6.5) Disparità e divario digitale
Non tutti i knowledge worker hanno uguale accesso alle risorse tecnologiche. Sebbene l’AI abbassi molte barriere di ingresso, restano significativi gli squilibri a livello di Paesi, organizzazioni o comunità professionali. Coloro che dominano lo sviluppo dell’AI avranno un vantaggio competitivo rispetto a chi si limita a essere un semplice utilizzatore. La formazione e la diffusione di strumenti accessibili, per passare poi ad una governance illuminata a livello nazionale e internazionale, saranno cruciali per colmare il divario.
Per chi può accedere facilmente all’AI, si pone il problema opposto: una competizione più serrata, con rendite di posizione difficilmente difendibili. Vincere questa sfida richiederà mindset innovativi, conoscenze strategiche, capacità logico-matematiche e una forte creatività.
6.6) Velocità senza prospettive certe
Il ritmo di sviluppo della nuova tecnologia è già elevato ed è comunque in accelerazione continua: questo rende il fattore temporale sempre più cruciale. Se da un lato non ci si può permettere posizioni attendiste, aver cavalcato fin dalla prima ora le possibilità introdotte dalla diffusione dei modelli LLM senza aver compreso bene vincoli e opportunità intrinseci alla tecnologia, può non portare alla conquista di un vantaggio competitivo, e anche in quel caso, non garantisce la tenuta rispetto ai nuovi incomer più aperti ai successivi cambi di paradigma.
Conclusione
In definitiva, il termine knowledge worker riferisce sempre meno ad un ruolo, quanto ad una competenza di base per professionisti, manager e imprenditori. Con l’introduzione dell’AI, questa figura non è più tanto concentrata sui contenuti e sulla loro gestione, ma, una volta delegati i compiti operativi agli agenti intelligenti, diventa soprattutto un orchestratore della conoscenza, capace di adattarsi con fluidità a un panorama in continua trasformazione.
Questa trasformazione non solo valorizza la competenza del knowledge worker, ma ridefinisce il modo in cui la conoscenza viene generata, gestita e condivisa, rendendola una risorsa dinamica e interconnessa. L’attitudine a gestire la conoscenza, insieme alla capacità di integrare strumenti di intelligenza artificiale, diventa una competenza trasversale essenziale per il successo di organizzazioni, team e comunità professionali.
Questi professionisti, infatti, non si limitano a facilitare l’accesso alle informazioni, ma plasmano i processi attraverso cui le conoscenze vengono create, utilizzate e condivise, e facilitano l’applicazione degli agenti intelligenti, permettendo l’adozione di modelli di lavoro più innovativi, collaborativi, performanti e resilienti.
Fonti
- “All in on AI: How Smart Companies Win Big With Artificial Intelligence”, di Thomas H. Davenport, Nitin Mittal — Harvard Business School Press
- ‘‘BPM is Dead, Long Live BPM!’’ — An Interview with Tom Davenport” — Springer
- “Understanding Knowledge-Based Agents in AI” — Alltius AI
- “Artificial Intelligence in the Knowledge Economy” — arXiv
- “Intelligenza artificiale e knowledge worker: esplorare l’impatto dell’IA sul lavoro intellettuale” — Il Cibernetico
- “Come l’intelligenza artificiale generativa trasformerà il lavoro della conoscenza” — Harvard Business Review Italia
- “Come la GenAI trasforma il lavoro dei knowledge worker” — AI4Business
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